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LAVATOIO DI CAŠGNÒLA

 

Cašgnòla è una località boschiva, isolata, a circa un chilometro dal centro abitato di Trontano sul sentiero comunale che conduce a Cavallà parallelo a quello che, anticamente, collegava il capoluogo alla frazione del Croppo. Questo lavatoio è sorto su una sorgente di acqua tiepida e utilizzato dalle donne del paese soprattutto nei mesi più freddi, mentre nella bella stagione si preferivano le acque del rio Graglia.

Tre pareti in muratura a secco, sormontate da un tetto in piode, racchiudono una grande vasca in pietra di tre metri per due, che poteva accogliere anche più di diciotto persone; la vasca è delimitata da lastre rettangolari posizionate obliquamente per consentire la lavatura dei panni. La struttura presenta nell’angolo a sinistra una piccola pozza d’acqua calda sorgiva dove, a turno, i panni venivano sciacquati.

Il lavatoio è stato utilizzato fino agli anni Settanta del Novecento; è seguito poi un progressivo abbandono che lo ha ridotto in pessime condizioni, tanto che è stato necessario togliere la copertura in piode per il cedimento di una trave. 

Nel dicembre del 2023 è stata completata l’opera di restauro, grazie all’impegno e finanziamento della Pro Loco di Trontano con la collaborazione del Comune di Trontano, A.I.B., Alpini, Associazione Culturale Navasco, Gruppo Folk, Uomini di Verigo, Protezione civile, Associazione Libera Caccia, CAI Est Monterosa e l’artista Alfredo Rizzi.


Sabato 29 Giugno 2024  alle 15 alla presenza delle autorità locali è stato presentato al pubblico così come nuovamente restaurato.  Un altro luogo d’interesse storico viene restituito alla comunità di Trontano.


 

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Con l’arrivo della stagione fredda le donne di Trontano, di tutte le frazioni, persino di Cimui, con i panni da lavare nella šuéra (gerla) venivano a Cašgnòla. Qui l’acqua sorgiva era tiepida e il lavatoio era così grande da accoglierne anche 18 o 20. Talvolta i posti erano tutti occupati, ma si preferiva attendere con pazienza il proprio turno perché raggiungerlo non era “la strada dell’orto” e anche il peso della roba da lavare era un buon motivo per rimanere, fino a quando qualcuna diceva: “Ho quasi finito, metto in fontana e lascio il posto”. Tutti i giorni erano buoni per andare a lavare, non esistevano turnazioni, ma quello che si sperava era di non trovare tanta gente. Inginocchiate ai bordi della vasca, tiravamo fuori la nostra ròba (panni) dalla šuéra e la mettevamo a möi (in ammollo) nell’acqua per mulsginàla (ammorbidirla), poi la strofinavamo con il sapone di Marsiglia, che già si comprava – ai nostri tempi – ma qualcuno lo faceva ancora in casa. Chi aveva ròba tanto sporca aveva l’accortezza di mettersi vicino allo scarico per non insudiciare l’acqua comune. Per arsgentà (risciacquare) i panni utilizzavamo il pozzetto dell’acqua tiepida, a turno. Come venivano puliti! Si lavava tutto, dalle lenzuola in tèla da (tela tessuta in casa) alle calze. Dopo il risciacquo disponevamo i panni su due o tre legni posti sopra il pozzetto, prima di riporli nella šuéra. Era importante stursciài bègn (strizzarli bene) perché nelle giornate più fredde si formavano i candèl (le candele) di ghiaccio e, nel viaggio di ritorno, ai pòos (sedute in sasso) della Calpògna, avevamo la schiena tutta bagnata. Quanto freddo abbiamo patito! Più fortunate erano le donne che trovavano posto nella parte interna del lavatoio perché erano più riparate. Dalla sorgente poi saliva al fǘm (il vapore) e gradevole era il contatto con l’acqua tiepida, ma alla sera le mani si gonfiavano per gli sbalzi di temperatura. 

Ah, a n’èm pasóo! Avanti e indré cum la šuéra! (Ah, ne abbiamo passate! Avanti e indietro con la gerla!) su un sentiero innevato che, in verità, era sempre ben battuto tanta era la gente che lo percorreva. Non sapevamo che potesse esistere un altro modo di lavare, perché eravamo cresciute così, la nòšta vita l’èra quèla (la nostra vita era quella), non ci pesava quel lavoro.

Il tempo passato insieme al lavatoio era scandito da chiacchiere tra di noi, aggiornamenti sui fatti in paese e momento scherzoso con qualche barzelletta: la parola era data alle più anziane, le ragazze più giovani potevano solo ascoltare. Quando si tornava a casa anche i mariti chiedevano “Sei stata a Cašgnòla?” e volevano sapere le novità.

Finalmente con l’arrivo della bella stagione potevamo andare a lavare i panni in la Gràia (nel rio Graglia) e successivamente, qualcuna di noi, nel lavatoio realizzato nella frazione del Castello. 

Col passare degli anni le case si sono modernizzate e con l’acquisto delle prime lavatrici, man mano si è abbandonato il lavatoio.

Questo recupero è una buona e bella iniziativa e u s pò mai savè int’la vita! (non si può mai sapere nella vita)


 

TESTIMONIANZE

 

 Rita BARILETTA  (1950)

 

 Rosalia BARILETTA  (1936)

 

Marilena CAPELLI  (1945)

 

Lina CONTI  (1936)

 

Giuseppina CONTI  (1943)

 

Carmela DANDA  (1935)

 

Felicita FRADELIZIO  (1933)

 

Liliana FRADELIZIO  (1951)

 

Mariangela GIACOMETTI  (1945)

 

Luciana IOSSI   1956)

 

Erminia VISCARDI (1946)

 

Enedina ZACCHEO (1950)

 

Rosalia ZACCHEO (1946)

 

 

BIAA, il bucato di una volta
 

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